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Se a livello individuale la malattia può essere considerata una minaccia alla vita, all’integrità fisica (dolore, menomazioni, invalidità), alla sicurezza (difficoltà di controllo delle emozioni, sensazione di impotenza, situazioni nuove da fronteggiare), alla vita di relazione (separazione, dipendenza, perdita di status sociale), a livello sistemico la malattia rappresenta un evento critico e paranormativo che costringe la famiglia a dover rivedere l’equilibrio tra i bisogni di ciascun membro, a ristrutturare i modelli comportamentali e relazionali a riorganizzarsi internamente per favorire nuovi processi di coping e di adattamento . La convivenza con un familiare malato può compromettere il benessere degli altri membri e sono soprattutto i partner a condividere i problemi fronteggiati dai pazienti, inclusi i cambiamenti nel ruolo, nelle abitudini di vita e nella relazione stessa e, spesso, sono loro ad assumere il ruolo di caregiver (Beanlands H, Horsburg ME, Fox S, Howe A, Locking-Cusolito H, Pare K et al. 2005). Una diagnosi di una malattia grave, prevedibilmente lunga e dagli esiti incerti, rappresenta un evento drammatico non solo per la persona colpita, ma per l’intera sua famiglia che spesso attraversa psicologicamente le stesse fasi vissute dalla persona ammalata (shock, negazione, disperazione, collera, rielaborazione, accettazione). La famiglia è «sistema» unitario che agisce e reagisce ai diversi cambiamenti, pertanto, nel momento in cui uno dei suoi membri si trova costretto a vivere l’esperienza della malattia, tutta la famiglia ne rimane inevitabilmente coinvolta. La spaccatura nell’equilibrio della persona malata -nelle sue dimensioni fisiche, psichiche, sociali e/o spirituali- è anche una crisi della famiglia stessa in quelle medesime dimensioni. Una malattia può diventare una crisi familiare, in quanto dopo la famiglia non sarà più quella di prima: aveva un suo equilibrio che sarà anche stato più o meno precario, tuttavia ne aveva uno e ora lo deve rivedere. Subentrano difficoltà relazionali tra i suoi componenti, costretti dalla nuova emergenza a rivedere e ridistribuire i ruoli rispetto alla gestione del malato. A volte e, soprattutto quando la malattia si prolunga nel tempo, il cambiamento familiare è così radicale che rischia di mandare in tilt l’intera famiglia. La malattia produce spesso una confusione di ruoli: ciò che svolgeva la madre, il padre, il figli, ecc. Ora deve essere assunto da qualcun altro. Cambiano i ritmi della giornata; occorre modificare la propria vita lavorativa, spesso subentrano difficoltà di ordine economico. La dinamica e quindi l’equilibrio familiare necessariamente viene modificato. L’esigenza della famiglia di fronte alla nuova situazione non è solo quella di essere aiutata a gestire il malato ma anche quella di essere aiutata a riorganizzarsi come sistema nel rispetto delle esigenze del malato ma anche delle sue specifiche dinamiche precedenti. Il sistema deve cambiare per adattarsi alla novità, ma anche conservarsi per evitare che cambiamenti troppo bruschi e radicali brucino le sue capacità di progresso, vengono a mancare occasioni di condivisione e confronto in maniera sana. La richiesta di aiuto per come gestire il malato è esplicita e quasi immediata, non lo è altrettanto quella di aiuto nel rielaborare il processo di adattamento/conservazione del sistema familiare stesso. L’ansia per il familiare che soffre nel suo corpo e la disponibilità di tutti a fare di tutto per lui fanno comprensibilmente dimenticare il compito verso le esigenze familiari che però, con il tempo, rivendicheranno i loro diritti. Qui c’è, pertanto, un’attenzione importante da parte di chi aiuta il malato e la sua famiglia (medico compreso): nel rispondere alla richiesta di gestione del malato, non si può dimenticare e far dimenticare la ricaduta della malattia nella funzionalità del sistema stesso. Dietro al malato da aiutare c’è una famiglia che ha altrettanto bisogno di essere aiutata a gestire la patologia diagnosticata come famiglia. C’è un nuovo problema per tutti. Prima di incominciare a pensare a come riorganizzarsi, è importante aiutare la famiglia ad accettare di essere entrata in una nuova fase di crisi e a non avere paura dei segni che la indicano. È facile che emergano tensioni che venivano covate sotto la cenere e che ora esplodono in modo clamoroso. Scatta la corsa alla terapia migliore e la ricerca dello specialista in grado di garantire la guarigione ad ogni costo. Quando la guarigione non è possibile, emergono dal profondo sentimenti di rabbia, inadeguatezza. Pensiamo a chi ha sempre avuto un ruolo centrale o si è sempre speso per gli altri, e all’improvviso si rende conto di non essere più lui/lei a servizio degli altri ma proprio il contrario, ora è lui/ lei a dover essere aiutato. Il disagio è diffuso e a volte il malato sa ma non dice per proteggere il familiare. Rischia pertanto di instaurarsi una modalità infantile di relazione, quasi che la regressione fisica comportasse anche una regressione nel funzionamento psicologico di tutti. Senza accorgersene, si creano delle vere e proprie isole di solitudine, mentre ciò di cui maggiormente si necessiterebbe ora sono sinceri gesti di profonda umanità. La malattia grave in particolare, è molto di più che la somma complessiva dei singoli eventi e necessariamente viene a plasmare in modo nuovo la storia della persona malata ma anche della famiglia. È un capitolo nuovo di vita familiare che va vissuto ma anche raccontato, condiviso, confidato. Ogni famiglia ha le sue immagini, i suoi simboli che vanno usati e forse riscoperti per narrare l’esperienza di malattia; ogni persona della famiglia dà un significato tutto suo all’esperienza che sta vivendo e che dovrebbe condividere e scambiare con gli altri familiari. Vivere la malattia non solo come interferenza nella storia familiare ma all’interno della stessa e delle relazioni familiari allontana il pericolo della congiura del silenzio, la fa diventare un momento di comunicazione anziché lasciarla degenerare (come purtroppo accade) in occasione di rivendicazioni e di rimproveri tra i vari membri della famiglia. La malattia ha infatti un impatto sull’intera trama di relazioni che coinvolge la persona che ne è portatrice, dai primi momenti della comparsa dei segni e sintomi sino agli stadi più avanzati della sua evoluzione (Belsky, 2009). La sfida sistemica è quella di lavorare con famiglia (compresa la persona fragile) aiutandola ad affrontare la malattia non permettendo che: i disturbi comportamentali vengano alimentati da dinamiche familiari nocive, le incomprensioni aumentino la fatica della cura e la famiglia imploda arrendendosi di fronte alla fatica fisica, economica, ma soprattutto di relazione. L’obiettivo terapeutico sarà quello di aiutare la famiglia e la persona fragile a convivere in modo sufficientemente felice nonostante la malattia. Per raggiungere questo scopo diventa di primaria importanza analizzare le dinamiche relazionali che si innescano tra i membri della famiglia depositari della cura, la persona fragile e la malattia. In particolare è fondamentale mettere a fuoco quando la famiglia “vede” la malattia, quali storie utilizza e costruisce per definirla, come la famiglia convive con la persona fragile come le dinamiche relazionali pregresse influenzano la relazione con la persona malata (Holley, 2010).
Bibliografia Belsky, J., Conger, R., & Capaldi, D. M. (2009). The intergenerational transmission of parenting: introduction to the special section. Developmental psychology, 45(5), 1201. Cancrini, T., & Biondo, D. (Eds.). (2020). Il lato notturno della vita: corpo malato e relazione analitica. FrancoAngeli. Holley, D., & Fox, A. S. (2022). The central extended amygdala guides survival-relevant tradeoffs: Implications for understanding common psychiatric disorders. Neuroscience & Biobehavioral Reviews, 104879. Proserpino ,T. (2009) Famiglia e malattia
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dott.ssa Vallillo psicoterapeuta articoli
Febbraio 2024
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